mercoledì 19 novembre 2014

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Olio su compensato

1 commento:

C. ha detto...

Questa volta il quadro non ha ispirato il testo ma ho cercato un quadro che mi servisse come scusa per il testo. Ti trascrivo uno dei dialoghi contenuti in Dialoghi con Leucò di C.P.
Curiosa la somiglianza tra ispirazione e inspirazione. Sicuramente, un tempo, sono state un'unica parola.

L'OSPITE
La Frigia e la Lidia furon sempre paesi di cui i Greci amarono raccontare atrocità. Beninteso, era tutto accaduto a casa loro, ma in tempi più antichi.
Inutile dire chi perse la gara della mietitura.

(Parlano Litierse e Eracle).
Litierse: Ecco il campo, straniero. Anche noi siamo ospitali come voialtri a casa vostra. Di qua non ti è possibile scampare, e come hai mangiato e bevuto con noi, la nostra terra si berrà il tuo sangue. Quest'altr'anno il Meandro vedrà un grano fitto e spesso più
di questo.
Eracle: Molti ne avete uccisi in passato sul campo?
Litierse: Abbastanza. Ma nessuno che avesse la tua forza o bastasse
da solo. E sei rosso di pelo, hai le pupille come fiori - darai
vigore a questa terra.
Eracle: Chi vi ha insegnato quest'usanza?
Litierse: Si è sempre fatto. Se non nutri la terra, come puoi
chiederle che nutra te?
Eracle: Già quest'anno il tuo grano mi sembra in rigoglio. Giunge
alla spalla di chi miete. Chi avevate scannato?
Litierse: Non ci venne nessun forestiero. Uccidemmo un vecchio
servo e un caprone. Fu un sangue molle che la terra sentì appena.
Vedi la spiga, com'è vana. Il corpo che noi laceriamo deve prima
sudare, schiumare nel sole. Per questo ti faremo mietere, portare i covoni, grondare fatica, e soltanto alla fine, quando il tuo sangue ferverà vivo e schietto, sarà il momento di aprirti la gola. Tu sei giovane e forte.
Eracle: I vostri dèi che cosa dicono?
Litierse: Non c'è dèi sopra il campo. C'è soltanto la terra, la
Madre, la Grotta, che attende sempre e si riscuote soltanto sotto il fiotto di sangue. Questa sera, straniero, sarai tu stesso nella grotta.
Eracle: Voialtri Frigi non scendete nella grotta?
Litierse: Noi ne usciamo nascendo, e non c'è fretta di tornarci.
Eracle: Ho capito. E così l'escremento del sangue è necessario ai
vostri dèi.
Litierse: Non dèi ma la terra, straniero. Voi non vivete su una
terra?
Eracle: I nostri dèi non sono in terra, ma reggono il mare e la
terra, la selva e la nuvola, come il pastore tiene il gregge e il
padrone comanda ai suoi servi. Se ne stanno appartati, sul monte,
come i pensieri dentro gli occhi di chi parla o come le nuvole in
cielo. Non hanno bisogno di sangue.
Litierse: Non ti capisco, ospite straniero. La nuvola la rupe la
grotta hanno per noi lo stesso nome e non si appartano. Il sangue che la Madre ci ha dato glielo rendiamo in sudore, in escremento, in morte. E' proprio vero che tu vieni di lontano. Quei vostri dèi non sono nulla.
Eracle: Sono una stirpe d'immortali. Hanno vinto la selva, la terra e i suoi mostri. Hanno cacciato nella grotta tutti quelli come te che
spargevano il sangue per nutrire la terra.
Litierse: Oh vedi, i tuoi dèi sanno quel che si fanno. Anche loro han dovuto saziare la terra. E del resto tu sei troppo robusto per essere nato da una terra non sazia.
Eracle: Su dunque, Litierse, si miete?
Litierse: Ospite, sei strano. Mai nessuno sinora ha detto questo
davanti al campo. Non la temi la morte sul covone? Speri forse di
fuggire tra i solchi come una quaglia o uno scoiattolo?
Eracle: Se ho ben capito, non è morte ma ritorno alla Madre e come
un dono ospitale. Tutti questi villani che s'affaticano sul campo,
saluteranno con preghiere e con canti chi darà il sangue per loro. E' un grande onore.
Litierse: Ospite, grazie. Ti assicuro che il servo che abbiamo
scannato l'altr'anno non diceva così. Era vecchio e sfinito eppure si dovette legarlo con ritorte di scorza e a lungo si dibatté sotto le falci, tanto che prima di cadere s'era già tutto dissanguato.
Eracle: Questa volta, Litierse, andrà meglio. E dimmi, ucciso
l'infelice, che ne fate?
Litierse: Lo si lacera ancor semivivo, e i brani li spargiamo nei campi a toccare la Madre. Conserviamo la testa sanguinosa
avvolgendola in spighe e fiori, e tra canti e allegrie la gettiamo
nel Meandro. Perché la Madre non è terra soltanto ma, come ti ho
detto, anche nuvola e acqua.
Eracle: Sai molte cose, tu Litierse, non per nulla sei signore dei
campi in Celene. E a Pessino, dimmi, ne uccidono molti?
Litierse: Dappertutto, straniero, si uccide sotto il sole. Il nostro grano non germoglia che da zolle toccate. La terra è viva, e deve pure esser nutrita.
Eracle: Ma perché chi uccidete dev'essere straniero? La terra, la
grotta che vi ha fatti, dovrà pur preferire di riprendersi i succhi
che più le somigliano. Anche tu, quando mangi, non preferisci il pane e il vino del tuo campo?
Litierse: Tu mi piaci, straniero, ti prendi a cuore il nostro bene come se fossi figlio nostro. Ma rifletti un momento perché duriamo la
fatica e l'affanno di questi lavori. Per vivere, no? E dunque è
giusto che noi restiamo in vita a goderci la messe, e che muoiano gli altri. Tu non sei contadino.
Eracle: Ma non sarebbe anche più giusto trovare il modo di por fine
alle uccisioni e che tutti, stranieri e paesani, mangiassero il grano? Uccidere un'ultima volta chi da solo fecondasse per sempre la terra e le nubi e la forza del sole su questa piana?
Litierse: Tu non sei contadino, lo vedo. Non sai nemmeno che la
terra ricomincia a ogni solstizio e che il giro dell'anno esaurisce
ogni cosa.
Eracle: Ma ci sarà su questa piana chi si è nutrito, risalendo i suoi padri, di tutti i succhi delle stagioni, chi è tanto ricco e tanto forte e di sangue così generoso, da bastare una volta per tutte a rifare la terra delle stagioni passate?
Litierse: Tu mi fai ridere, straniero. Sembra quasi che parli di me. Sono il solo in Celene che, attraverso i miei padri, sono sempre vissuto quaggiù. Sono il signore, e tu lo sai.
Eracle: Parlo infatti di te. Mieteremo, Litierse. Sono venuto dalla Grecia per quest'opera di sangue. Mieteremo. E stasera rientrerai nella grotta.
Litierse: Vuoi uccidere me, sul mio campo?
Eracle: Voglio combattere con te fino a morte.
Litierse: Sai almeno menarla la falce, straniero?
Eracle: Stai tranquillo, Litierse. Fatti sotto.
Litierse: Certo, le braccia le hai robuste.
Eracle: Fatti sotto.